In Svizzera, una persona su otto, tra cui oltre 100 000 bambini, è colpita o minacciata dall’indigenza. Allo stesso tempo, vari studi come quello condotto dalla Scuola universitaria professionale di Berna evidenziano che fino a un terzo degli aventi diritto rinuncia alle prestazioni assistenziali. In questa categoria rientrano anche i soggetti che non ricorrono agli aiuti sociali poiché temono ripercussioni negative sul loro statuto di dimora o sul loro diritto di domicilio. Di conseguenza, vivono in condizioni estremamente precarie. E come se non bastasse, si profilano già ulteriori restrizioni a livello giudico con l’intento di limitare il più possibile le richieste di assistenza da parte delle persone provenienti da Stati terzi.
In molti luoghi, anche in città come Zurigo e Ginevra, cresce la preoccupazione che sempre più persone rinuncino ad esercitare il loro diritto al sostegno economico di cui avrebbero urgentemente bisogno. È quindi un segnale incoraggiante che la Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale abbia dato seguito all’iniziativa parlamentare «La povertà non è un reato», che mira a invalidare gli ultimi inasprimenti legislativi: per gli stranieri che hanno soggiornato ininterrottamente e ordinariamente in Svizzera da oltre dieci anni deve essere impedita la revoca del permesso di domicilio se richiedono l’aiuto sociale.
Nel suo documento di posizione «La sicurezza sociale non dovrebbe dipendere dalla nazionalità» Caritas illustra le gravi ripercussioni del legame tra diritto degli stranieri e aiuti sociali. Per contrastare la crescente povertà, Caritas chiede l’abolizione di questo legame.
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