«La fuga è stata estenuante: abbiamo dovuto camminare a lungo senza mai poterci fermare», racconta Nura a Jenifa Jopute, collaboratrice di Caritas.
«La fuga è stata estenuante: abbiamo dovuto camminare a lungo senza mai poterci fermare», racconta Nura a Jenifa Jopute, collaboratrice di Caritas.

Gli spazi sicuri offrono un sostegno essenziale

Campo di Gorom, Sudan del Sud

Più di un milione di persone hanno lasciato il Sudan in fuga dalla guerra, trovando rifugio nel Sudan meridionale. Le condizioni sono difficili, ma gli spazi protetti per donne e bambini e l’assistenza sanitaria donano a Malik e Nura la speranza di un nuovo inizio.

Il sole cocente brucia sul terreno polveroso del campo profughi di Gorom. Nura è seduta con suo figlio Malik su un tappeto di plastica blu, all’ombra di una tenda improvvisata di paglia. Da maggio 2023 vivono qui, dopo essere fuggiti da Al-Fashir, in Sudan, affrontando un viaggio durato giorni tra villaggi distrutti e posti di blocco. «La fuga è stata estenuante: abbiamo dovuto camminare a lungo senza mai poterci fermare», racconta Nura. «Ci è voluto molto tempo per sentirci veramente arrivati. Ma ora riusciamo a orientarci e a cavarcela da soli.»

«L’inflazione fa salire i prezzi del cibo alle stelle. Ciò che oggi mettiamo a bilancio, domani non basta più.»Jame AlauProject manager di carias juba

Il bambino di cinque anni balza in piedi e corre dietro a un pallone da calcio fatto artigianalmente. Solo pochi mesi fa sarebbe stato impensabile: poco dopo l’arrivo al campo di Gorom, Malik ha sofferto di una grave infezione al piede. In un campo sovraffollato come questo, malattie e infezioni si propagano rapidamente: le condizioni di vita sono estremamente precarie, l’acqua pulita è scarsa e l’igiene insufficiente. Nura ha portato suo figlio al centro sanitario del campo, dove ha ricevuto cure adeguate e i farmaci necessari. «Ora Malik sta finalmente meglio e io mi sento sollevata», dice Nura, sorridendo. «Ero davvero molto preoccupata per la sua salute.»

Aiuti d’emergenza per i più vulnerabili

Caritas Svizzera sostiene persone come Nura e Malik nel campo profughi di Gorom fin dall’autunno 2023, in collaborazione con Caritas Juba, la sua organizzazione partner locale membro della rete Caritas internazionale. I progetti congiunti di assistenza si concentrano soprattutto sulle esigenze delle persone più fragili, in particolare donne e bambini. All’inizio, i due enti hanno fornito aiuti in denaro e distribuito generi alimentari. Oggi garantiscono l’accesso all’assistenza sanitaria e al supporto psicosociale. Le misure sono sostenute anche dalla Catena della Solidarietà. Nel progetto più recente l’attenzione è rivolta alla tutela delle vittime di violenza sessuale. Queste persone ricevono cure mediche e sostegno psicologico, mentre campagne di informazione sensibilizzano sulla violenza di genere, un fenomeno drammatico, radicato da tempo.

Una regione che non trova pace

Da aprile 2023 il Sudan è teatro di un drammatico conflitto armato tra le forze militari regolari e la milizia paramilitare Rapid Support Forces. «Quella che inizialmente sembrava una lotta per il potere si è trasformata nella più grave crisi umanitaria dell’Africa contemporanea. Questa guerra ha provocato sofferenze incalcolabili e costretto oltre undici milioni di persone a fuggire», spiega Jenifa Jopute, collaboratrice di Caritas Svizzera nel vicino Sudan del Sud. «Oltre un milione di loro hanno trovato rifugio qui.»

Malik, cinque anni, frequenta il centro per bambini di Caritas nel campo di Gorom. Passa volentieri il suo tempo a disegnare o a giocare a calcio. © Kenyi Moses

Tuttavia, il Paese è tra i più poveri al mondo e fatica a offrire stabilità alle persone in fuga: il 95 per cento della popolazione vive infatti al di sotto della soglia di povertà. Già prima della recente crisi in Sudan, il Paese ospitava numerosi rifugiati provenienti da Etiopia, Uganda, Burundi e Congo. Jenifa Jopute, responsabile del coordinamento degli aiuti con i partner locali, sottolinea: «Le strutture di accoglienza sono ormai sature da molto tempo. La situazione delle forniture si è aggravata in modo drastico a causa delle intense ondate migratorie degli ultimi due anni.» Si registra una carenza alimentare diffusa e persiste una situazione di sicurezza estremamente tesa e volatile.

Un campo al collasso

Poiché i campi lungo il confine con il Sudan sono ormai al collasso, molti rifugiati cercano riparo più a Sud. Ma anche lì, la speranza di condizioni migliori si sgretola spesso appena varcata la frontiera. Molti finiscono così nel campo di Gorom, nei pressi della capitale Juba, nel Sudan meridionale. Originariamente progettato per 2500 rifugiati etiopi, oggi ospita circa 10 000 persone, provenienti da Paesi limitrofi, accalcate in spazi angusti.

La fornitura di aiuti è una sfida quotidiana e le infrastrutture sono ormai completamente sopraffatte. Molta gente vive in tende sovraffollate o in baracche improvvisate. Quando il personale di Caritas Svizzera e Caritas Juba ha visitato per la prima volta il campo di Gorom nell’autunno del 2023, è rimasto profondamente scosso: «Sapevamo che le condizioni erano difficili, ma ciò che abbiamo visto e sentito nel campo ci ha davvero colpito. Ci siamo messi immediatamente all’opera e poco dopo siamo riusciti a distribuire i primi generi alimentari», ricorda Jenifa Jopute. Da allora torna regolarmente sul posto e fa visita anche a Nura e Malik.

Poca pianificazione, molta incertezza

Ma il lavoro nel campo di Gorom resta estremamente complesso. «L’inflazione fa schizzare i prezzi del cibo alle stelle. Ciò che oggi mettiamo a bilancio, domani non basta più. Qui pianificare è quasi impossibile», spiega James Alau, project manager di Caritas Juba, il quale coordina i progetti sul campo insieme a Jenifa Jopute. A ciò si aggiunge una situazione di sicurezza molto tesa: «Il campo è cresciuto così rapidamente che ormai vi si può accedere da ogni lato. Gruppi armati si aggirano nei dintorni. La polizia deve essere presente durante ogni distribuzione», aggiunge Alau.

«Un giorno voglio diventare medico, così potrò curare tanti altri bambini»Jenifa Joputecollaboratrice di Caritas Svizzera nel vicino Sudan del Sud

Nonostante esistano criteri di selezione precisi per l’allocazione degli aiuti, tra i rifugiati spesso nascono tensioni: il bisogno è semplicemente troppo grande. Ma l’aiuto umanitario segue un principio chiaro: chi ha maggiore urgenza ottiene prima il supporto, indipendentemente da origine o religione.

Protezione e speranza per donne e bambini

Nonostante le grandi difficoltà, nel campo di Gorom si fa spazio anche la speranza. Nei luoghi di protezione dedicati a donne e bambini, Caritas Svizzera e Caritas Juba creano un ambiente sicuro e accogliente per coloro che sono più esposti a rischi e violenze. In queste aree dedicate, i bambini trovano un punto di riferimento, possono giocare insieme in tranquillità e, con l’aiuto di operatori specializzati, elaborare ciò che hanno vissuto. Per i più piccoli è un servizio fondamentale, perché molti di loro sono traumatizzati dal percorso della fuga. Per le donne e le ragazze, invece, uno spazio di protezione offre angoli riservati, consulenze e servizi igienico-sanitari puliti. «I nostri servizi offrono alle persone un piccolo barlume di speranza e un momento di tregua dalle fatiche quotidiane nel campo», spiega Jenifa Jopute.

Malik attraversa il campo profughi fino al centro per bambini di Caritas dove si incontra con i suoi amici e dimentica il luogo inospitale.
Malik attraversa il campo profughi fino al centro per bambini di Caritas dove si incontra con i suoi amici e dimentica il luogo inospitale. © Kenyi Moses

Anche Malik frequenta regolarmente il centro per bambini. «Qui incontro i miei amici per giocare a calcio, dipingere e divertirmi», dice con gli occhi pieni di entusiasmo. È insieme a un gruppo di bambini intenti a disegnare su un quaderno. In questo spazio sereno e protetto, Malik riesce di nuovo a sognare: «Un giorno voglio diventare medico, così potrò curare tanti altri bambini.» Il pronto intervento ricevuto dopo la sua infezione lo ha ispirato.

Jenifa Jopute: con grande passione per i soggetti più vulnerabili nel Sudan del Sud

«La mia più grande speranza è vedere un Sudan del Sud florido in cui regna la pace e tutti si sentono a proprio agio», racconta Jenifa Jopute. Sin dagli inizi della sua carriera, la ventinovenne è spronata dalla voglia di impegnarsi per condizioni di vita migliori nel proprio Paese.

Ha studiato economia e informatica aziendali e da cinque anni lavora per organizzazioni no profit. Nell’ottobre 2024, Jenifa Jopute è entrata a far parte di Caritas Svizzera. La donna proveniente dal Sudan del Sud sostiene i partner locali nell’attuazione di progetti comuni e non si lascia scoraggiare dagli ostacoli che incontra tutti i giorni: «Le sfide sono molteplici, tra incertezze, blocchi stradali, inondazioni stagionali e finanziamenti in calo», spiega Jopute. «Ma trovo la mia motivazione nel sorriso delle persone che aiutiamo. Gli incontri mi ricordano sempre perché faccio questo lavoro», sottolinea.

L’obiettivo di Jenifa: aiutare i bambini come Malik (v. testo principale) a superare i traumi e sostenerli nel realizzare, un giorno, i loro sogni. Per donare nuova speranza e dignità alla gente nel Sudan del Sud, offrire un sostegno costante e garantire finanziamenti sostenibili è essenziale.

Ulteriori informazioni

Immagine principale: «La fuga è stata estenuante: abbiamo dovuto camminare a lungo senza mai poterci fermare», racconta Nura a Jenifa Jopute, collaboratrice di Caritas. © Kenyi Moses