Amal Mahmoud è sfinita. Da più di un anno tutto grava sulle sue spalle: la casa, la cura dei figli e il lavoro. Con un’incredibile forza di volontà lotta tra le rovine di Aleppo per mantenere se stessa e i suoi figli. Ma le sue forze stanno venendo meno. «Mi fa male tutto» dice la donna.
La patria distrutta
Amal vive ad Aleppo Est con le tre figlie, la nuora, una nipotina e i suoi genitori. Gran parte degli edifici del quartiere è gravemente danneggiata, di alcune case è rimasto solo un cumulo di macerie. I missili hanno raso al suolo diversi isolati, le reti di distribuzione idrica e di energia elettrica sono saltate completamente. La gente ha perso tutto. Ogni giorno si trova davanti alla sfida di dovere procurare cibo a sufficienza per la famiglia.
Anche nei muri della casa di Amal ci sono grossi buchi e il tetto è seriamente danneggiato. Manca di tutto. Nelle stanze ci sono solo alcuni materassi, per il resto sono vuote. Il freddo entra da ogni buco e da ogni fessura. «Per dormire ci mettiamo stretti l’uno all’altra nella stanza al pianterreno» racconta Noura, la nuora di Amal. «È l’unico modo per tenerci caldo.» Fino ad oggi nel quartiere manca la corrente elettrica. La famiglia ha appena finito il gas per il riscaldamento. Amal non ha i soldi per comprarne altro. Da quando c’è la guerra, i prezzi sono esplosi.
Sono passati cinque anni da quando Amal e la sua famiglia sono fuggiti dal quartiere dopo che un missile si era abbattuto proprio vicino casa loro. Gli scontri qui erano intensi. Gli abitanti che sono rimasti hanno sofferto in maniera inimmaginabile. «Ogni giorno morivano persone intorno a noi. Ci siamo nascosti dietro al bagno e sotto le scale» racconta la vicina di Amal.
Nella fuga Amal e la sua famiglia hanno dovuto lasciare quasi tutto. Un giorno, suo marito è tornato nella casa. «Voleva prendere alcune cose. Fu colpito da un missile.» Quando racconta l’episodio della morte del marito, Amal si mette a piangere. Anche i suoi due fratelli sono rimasti vittime della guerra.
Ogni giorno morivano persone intorno a noi. Ci siamo nascosti dietro al bagno e sotto le scale.
Da allora, le donne della famiglia sono rimaste sole. Non sono le uniche: solo ad Aleppo Est, il 70 percento circa dei nuclei famigliari è composto da famiglie con più figli in cui il capofamiglia è una donna. La maggior parte degli uomini tra i 18 e i 50 anni sono morti, si trovano in carcere o stanno combattendo da qualche parte.
Quando Amal è tornata nel suo quartiere, si è trovata davanti alle rovine della sua vecchia vita. Sapeva che ora la responsabilità di mantenere la famiglia era solo sua. «Per i miei figli devo fare da madre e da padre allo stesso tempo» dice con tono deciso della voce. Due/tre giorni alla settimana lavora come domestica da una famiglia che conosce da molto tempo. Non possiede nessun titolo di studio. Con il suo stipendio deve sfamare l’intera famiglia di otto persone. Da Caritas riceve regolarmente aiuti come vestiti o pacchi alimentari. Amal è molto grata che Caritas le tolga un po’ del suo peso: «Da quando ricevo aiuto da Caritas, so di non essere sola.»
Dopo sette anni di guerra, la sofferenza di molte persone provenienti dalla Siria è ancora immensa. Solo in Siria, 13,1 milioni di persone hanno bisogno di aiuto umanitario. La sua donazione consente a Caritas di aiutare le persone di Aleppo e di Homs a sopravvivere:
Fonte delle esigenze: OCHA, Humanitarian Needs Overview Syrian Arab Republic 2018
Istruzione
Con 60 franchi lei consente a un bambino profugo siriano nel Libano di prendere lezioni di ripetizione per un mese.
Alimentazione
Con 90 franchi lei paga un pacco alimentare per un mese a una famiglia di Aleppo.
La casa
Con 120 franchi lei aiuta una famiglia in Giordania a pagare l’affitto per un mese.